1861: fatta l’Italia bisogna fare gli Italiani, diceva Massimo d’Azeglio.
Ed un ottimo modo per compiere questa impresa è quello di unire le varie regioni del nuovo stato con le ferrovie. In quegli anni, quando queste iniziative sono private, partono anche i lavori della linea tirrenica, quella che da Pisa costeggia il Tirreno per arrivare a Genova: tutta la costa toscana è pianeggiante e così la strada ferrata viaggia spedita. Il treno arriva nell’aprile 1861 a Viareggio, a dicembre a Pietrasanta, nel febbraio 1862 a Querceta ed alla fine dell’anno a Massa, dove la stazione sorge a breve distanza dalle vecchie mura cybee.
E dopo Massa … prossima fermata Carrara? No: Avenza. Questo borgo murato medievale, di grande importanza nel dodicesimo secolo, punto fermo tra i territori lucchesi e quelli del vescovo conte di Luni, coi secoli era decaduto ed aveva perso ogni rilevanza strategica, ma si trova in pianura, lungo una linea retta immaginaria che porta a Sarzana, la prima città che s’incontra entrando in Liguria.
Carrara è invece incuneata nella valle stretta e lunga del torrente Carrione, a circa cinque chilometri e quindi del tutto tagliata fuori dal percorso.
Nel 1861 ha diciottomila abitanti e l’aspirazione a diventare una grande città: in questi anni sorgono il maestoso Politeama, il Cimitero Monumentale, e si trasforma la piazza d’Armi in un giardino pubblico per le passeggiate domenicali dei bravi borghesi. Purtroppo però la stazione ferroviaria, immancabile emblema di modernità, resta lontana, nel povero borgo a valle. Questo ai carraresi non va giù, ma hanno una soluzione: dal momento che l’Italia di ieri è come quella di oggi, basta avere un santo in Paradiso.
Domenico Cucchiari nasce a Carrara nel 1806, e suo zio è Pellegrino Rossi, già ambasciatore a Parigi per il Papa, e poi Primo Ministro di Pio IX. A venticinque anni è coinvolto nei moti carbonari, poi fugge in Spagna e Portogallo dove combatte contro i reazionari. Torna in Italia in tempo per partecipare alla Prima Guerra d’Indipendenza, entra nell’esercito sabaudo e ne diventa generale, distinguendosi alla battaglia di San Martino, nel 1859. Deputato per Carrara, è poi senatore del Regno. Un pezzo grosso insomma, e l’uomo giusto su cui puntare: nel settembre 1866 una linea ferroviaria secondaria da Avenza arriva fino ai sobborghi della città, compiendo il breve tragitto in soli dodici minuti.
Oggi, in macchina, di solito se ne impiega di più.
I cinque chilometri di questa linea si svolgono in gran parte su possenti arcate che scavalcano le strade vicinali che s’arrampicano per i colli circostanti. Arcate che quando devono superare la via Aurelia sfociano nel monumentale con il ponte di Anderlino, che non è dedicato ad uno sconosciuto santo medievale ma è la storpiatura dell’inglese under line, la sottolinea che collegava la città alla stazione di Avenza, a meno di un chilometro da qui.
In onore del generale i carraresi vollero intitolare la “loro” nuova stazione al glorioso fatto d’armi dove egli si distinse e ben presto, oltre che per il traffico viaggiatori, divenne un importante snodo industriale: per molti anni il piazzale antistante e tutta la zona intorno è il punto d’arrivo per i marmi che dalle cave dovevano arrivare al porto. Si deciderà in seguito di prolungare questa ferrovia fino alle cave di marmo: nasce (in modo non limpido…) la Ferrovia Marmifera di Carrara.
È aperta fino al 1964, quando il treno cede il passo al nuovo mito della modernità: l’automobile. Della bella pensilina in ghisa, un classico in ogni quadro o cartolina ottocentesca, non restano che i montanti e gli unici marmi che si vedono sono i prodotti di qualche dimenticato partecipante ai simposi comunali di scultura.
Nessuno sa che farsene di un percorso di alcuni chilometri massiccio, largo, solido e abbastanza ben tenuto: da anni si discute se renderla una pista ciclabile o una via alternativa per arrivare in città. Intanto oggi a San Martino, invece della modernità ottocentesca, c’è la sede (recentemente dismessa) del tribunale, colate di cemento e finestrine strette.
Modernità da anni Ottanta.
Bellissimo questo post e le foto che hai messo! Quelle della stazione sono stupende. So che qualche anno fa pensarono di usarla come sede espositiva,poi non se ne fece più niente. A proposito di treni e della nostra maltrattata cittadina, sono sicura che conoscerai le immagini di questo film in cui si vede l’ultimo viaggio della mitica “marmifera”. Un altro treno, un’altra storia da raccontare. Dalla “Strada dei giganti” http://www.youtube.com/watch?v=Y4ubTEgJWZo&list=TLrFXpYvgyS_EOtvOyJlYlbsaG3fo_C4HC per meè stata un’emozione ritrovarla!
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Magari ne facessero qualcosa… invece abbandonata quella ed abbandonato adesso anche il palazzo della questura.
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Conosco quel film, e prima o poi devo scrivere anche un paio di post sulla Marmifera e su tutte le possibilità che ci sono per recuperare il tracciato!
Al Museo del Marmo esiste anche il filmato, che però non ho trovato su youtube, del treno che attraversa Marina: un’impressione
Non è dell’Istituto luce, vero?aspetterò il post, allora! Se sento qualcosa di particolare dalla terra apua, ti avverto!
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Lo vidi tre o quattro anni fa, non ricordo, ma mi sembrava abbastanza amatoriale come genere… purtroppo su youtube non c’è nulla